Le coliche del neonato: un argomento che divide. Esistono? Cosa sono? Vanno “curate” con dei farmaci? Com’è possibile che ne siano affetti quasi tutti i neonati, in una precisa fascia temporale?
Chiariamo dei concetti molto semplici, forse talmente semplici che nemmeno vengono alla mente quando parliamo di un bambino che strilla e si agita imperterrito, e che sembra inconsolabile.
Il neonato: quella creatura che per nove mesi ha abitato nella pancia della mamma, luogo dove ogni suo bisogno era soddisfatto istantaneamente, senza nemmeno il bisogno di comunicarlo, di chiederlo. Il riposo, il comfort, la sazietà, la simbiosi con la mamma, l’ossigenazione, erano tutte cose garantite da utero e placenta, quindi dalla mamma stessa. Ma l’evento nascita ovviamente sconvolge tutto questo, e la piccola creatura si ritrova a dover respirare autonomamente, a doversi nutrire, e a trovare pace (e sonno) in un mondo pieno di suoni e luci non più ovattati dalla pancia della mamma.
Per fare tutto ciò, sembrerà incredibile, ma il neonato comunica. E come? Attraverso l’unico modo che gli è possibile: il pianto. Ecco che un unico linguaggio va declinato per cercare di capire quale siano i suoi bisogni. Che non si riducono a tetta e cambio di pannolino, ma anche bisogno di tranquillità, di contatto, della giusta manipolazione, di rispetto e attenzioni. Una questione che ha mille sfumature, che la mamma – giustamente – impiega del tempo a comprendere. E che la fa sentire spesso inadeguata.
Non pare quindi ovvio che per cultura venga paradossalmente introdotto un problema, per facilitare la questione? Instillare il dubbio delle coliche come problema responsabile del pianto del bambino, che può quindi essere oggettivata da un medico, che ci darà delle goccine, e che metterà un cotton fioc nel sederino di quella povera creatura dicendo “questo neonato va stimolato, vede come piega le gambe e piange?”. Come se il neonato potesse fare altro per comunicare, se non muovere tutto il corpo e piangere. Ma la mamma così è più tranquilla, sa che il problema è quello, glielo ha detto il pediatra, e allora se piange basta che gli dia il farmaco prescritto e che mi assicuri che faccia aria.
Faccenda ben diversa dal mettersi in ascolto del proprio bambino, capire quello che sta cercando di comunicare, lasciare galoppare l’istinto materno…
Con questo non si vuole dire che il dolore intestinale del neonato non esiste: ci sono rari casi in cui c’è effettivamente un problema di irritazione delle pareti intestinali, o di alterata peristalsi. Ma sono casi molto rari, e non dovrebbe essere il primo pensiero quando il neonato ha un pianto inconsolabile.
Fermiamoci a riflettere per un attimo: non è una strana coincidenza che così tanti neonati, quasi tutti si oserebbe pensare, soffrono di coliche? Tutti più o meno dai primi giorni di vita, fino a risolversi intorno al terzo/quarto mese, e tutti solitamente verso sera? La coincidenza fa storcere un po’ il naso. Forse è perché col passare delle settimane mamma e bambino imparano a capirsi, e a rispondere ai propri bisogni senza entrare in allarme e andare al pronto soccorso pediatrico a ogni pianto inconsolabile. Forse accadono più spesso verso sera, perché è il momento in cui rientra il papà, c’è un piccolo turbamento di mamma rispetto all’andazzo sempre uguale della giornata. Forse perché anche il papà – che è stato via tutto il giorno – al pianto del bambino si preoccupa e alimenta il vortice di preoccupazioni della mamma, e anziché trovar una soluzione insieme, si agitano spropositamene insieme. Basterebbe invece tranquillizzarsi, per tranquillizzare anche il piccolo. Capire le sue necessità, dedicarsi al contatto, all’ascolto, insieme.
Ecco, domandiamoci quindi se stiamo ascoltando davvero i bisogni di questi piccoli, se stiamo creando la giusta sintonia per comunicare, se stiamo sentendo il nostro istinto materno. Perché non inseriamo nella nostra routine un bel massaggio, la sperimentazione di nuove posizioni (in braccio, ma a pancia in sotto per esempio!), l’uso della fascia elastica, il canto di una canzoncina sempre uguale, o lo swaddling? Ci risparmierà qualche viaggio dal pediatra, e ci farà sentire genitori più competenti. Provare per credere.
a cura dell’ostetrica Francesca Mapleston
Sitografia:
Uppa: “Le coliche del neonato non esistono”
Il Parto Positivo: “La soluzione definitiva al problema delle coliche“