Abbiamo già parlato dei neuroni specchio e delle scoperte neuroscientifiche che hanno svelato il loro ruolo nella comprensione dell’azione, dell’intenzione e dell’emozione altrui.
Ma in che modo essi sono coinvolti nel linguaggio? Quando ascoltiamo un’altra persona parlare, quali aree del nostro cervello si attivano? In che modo il destinatario capisce esattamente quale significato il mittente vuole dare al suo messaggio? Anche nel campo della neurolinguistica sono stati portati avanti esperimenti a dir poco interessanti che hanno aperto a nuove possibilità rispetto al nostro funzionamento cerebrale.
Per rispondere a queste domande dobbiamo partire da un presupposto fondante: le teorie sull’origine della comunicazione vocale:
- Secondo Chomsky il linguaggio verbale si sarebbe evoluto a partire dalle vocalizzazioni animali.
- La teoria di Corballis invece sostiene che dalla comunicazione gestuale si sia passati a quella vocale.
La prima teoria si rivelerà essere errata per diverse ragioni: i circuiti neurali che stanno alla base delle vocalizzazioni animali si trovano innanzitutto in zone del cervello completamente differenti ed è poco plausibile che nel corso dell’evoluzione ci sia stato un simile spostamento degli stessi; le vocalizzazioni animali, al contrario del linguaggio umano, sono esclusivamente legate alle emozioni e non possono descrivere un contenuto privo di coloritura emotiva; infine esse sono rivolte a tutti i membri del gruppo a differenza del linguaggio che può essere adattato all’interlocutore che si ha davanti a sè.
La tesi di Corballis al contrario fu avvalorata dagli studi di brain imaging che rivelarono come l’Area di Broca, universalmente nota per il suo ruolo nel linguaggio, si attivava non solo durante la produzione degli atti motori legati alla comunicazione, ma anche durante l’osservazione degli stessi. Ciò significa che quando osserviamo una persona parlare il nostro sistema di neuroni specchio si attiva.
Ciò conferma che il linguaggio verbale si sia sviluppato a partire dai gesti. Ma come e soprattutto perché?
Secondo alcuni autori, tra cui Piaget, inizialmente l’uomo comunicava esclusivamente tramite i gesti. Più tardi ai movimenti delle mani vennero associati dei suoni vocalici che si rivelarono molto utili ai fini della vita quotidiana: comunicare attraverso i suoni poteva essere fatto anche al buio o con le mani occupate durante lo svolgimento di altre attività. Per questo motivo lentamente la gestualità sarebbe stata trascurata fino a diventare un supporto alla comunicazione verbale.
Va preso in considerazione il fatto che per produrre dei suoni è necessario attuare precisi movimenti della bocca, delle labbra, della mascella e della lingua. Mentre parliamo con una persona crediamo di comprendere quanto sta dicendo perché udiamo il suono delle sue parole, riconducendolo poi ad un insieme di significati. Le ricerche invece ribaltano questa convinzione e ci fanno capire che non va affatto così.
Liberman delineò la teoria motoria del linguaggio: secondo questa teoria siamo in grado di comprendere i fonemi dell’altro non per un riconoscimento di tipo acustico, bensì per un’imitazione dei movimenti necessari a produrre quel suono.
Questa ipotesi fu incredibilmente avvalorata dall’esperimento di Fadiga. Egli scoprì che quando vengono ascoltate parole contenenti la doppia “r” come “torre” nel nostro cervello si attivano le aree motorie adibite ai movimenti della lingua; ciò non accade per il suono “f” per il quale non è necessario muovere il muscolo della lingua.
Durante una conversazione quindi i neuroni specchio si attivano continuamente simulando le stesse sequenze motorie messe in atto dal nostro interlocutore.
Ascoltare quindi non è così facile come può sembrare e rappresenta uno sforzo non indifferente per il nostro cervello…
Possibile che l’evoluzione non abbia trovato una via più semplice?
A cura di:
Dott.ssa Martina Varalli – Psicologa
Riferimenti bibliografici:
Fadiga L., Craighero L., Buccino G., Rizzolati G., (2000). Speech listening specifically modulates the excitability of tongue muscles: a TMS study.
Liberman A.M., Mattingly I.G., (1985). The motor theory of speech perception revised.