Quando pensiamo ad un neonato, tra le altre cose, lo pensiamo quasi sempre come un individuo che vive in simbiosi con la propria madre. Il padre, infatti, viene solitamente considerato, nelle fasi iniziali di vita del neonato, come un qualcuno di esterno alla coppia madre-bambino. E non c’è niente di più sbagliato.
Qual è il ruolo del padre e perché è importante nelle prime fasi di vita di un bambino?
Nell’articolo cercherò di rispondere a queste domande.
Già durante il periodo dello sviluppo embrionale, dopo l’avvenuta fecondazione, si viene a creare un legame fortissimo tra madre e bambino: tutto quello che viene percepito dalla madre (rumori, sapori..) viene percepito anche dal bambino sebbene in forma più attutita, ovattata. La musica che ascolta la madre spesso può influenzare il moto del bambino, la voce della madre e delle persone che entrano con più frequenza in relazione con lei possono essere riconosciute come familiari dal bambino poco dopo la nascita. Tutto ciò sta alla base della costruzione di ciò che Bowlby ha definito legame di attaccamento.
Il legame di attaccamento è un insieme di comportamenti messi in atto tra due persone. Sono comportamenti che vanno oltre il semplice legame affettivo, si tratta di un legame che proviamo solamente durante le prime fasi della nostra vita e che proviamo nei confronti del caregiver, e cioè della persona che si prende cura maggiormente di noi.
Con la nascita del figlio la coppia subisce il primo grande scossone.
Nel periodo immediatamente successivo alla nascita, infatti, è normale che il bambino debba passare più tempo insieme alla madre rispetto che con il padre: in questo modo, infatti, egli si sente più al sicuro e protetto perchè è in grado di riconoscere gli odori e la voce materna, l’unica cosa con cui ha avuto a che fare quotidianamente per nove mesi. In questo periodo si viene a creare quello che gli psicologi chiamano “Universo duale”: la madre non vede altro che il suo bambino, è come se perdesse la propria identità e la fondesse con quella del bambino. Alla domanda “Come stai?” spesso e volentieri la madre risponde come sta il bambino: se dorme di notte, quanto mangia, se sta prendendo peso. Spesso viene meno anche il legame sessuale ed affettivo con il proprio compagno. Il padre è fuori: vorrebbe far parte anche lui di quella tenerezza, ma sente che qualcosa gli è estraneo. Impara a servire questa coppia, si dà da fare, pensa a tutto per l’amore del figlio, però ne resta fuori. E’ questo il momento critico: il padre si sente spesso messo da parte dalla propria compagna e inutile ai fini dell’educazione e della crescita del proprio figlio. E’ in questa fase che la coppia corre il rischio di non ritrovarsi più: c’è la mamma con il bambino, e questo forma una coppia molto gratificante, e c’è il padre che osserva e capisce che deve creare tutte le condizioni perchè i due stiano bene.
E’ in questo momento che il padre deve svolgere la prima vera funzione paterna: RICHIAMARE LA COMPAGNA FUORI DAL RAPPORTO CON IL FIGLIO PER RIPORTARLA ALLA RELAZIONE DI COPPIA E CREARE UNO SCAMBIO TRIADICO MADRE-PADRE-BAMBINO.
Sembra un’assurdità, ma se pensiamo alla gestazione, essa dura nove mesi. Il figlio non può restare nella pancia della madre più di nove mesi, così dopo la nascita: è importante che la madre accolga suo figlio una volta nato, lo accudisca, si prenda cura di lui ma, deve essere comunque capace di staccarsi da lui, farlo vivere, metterlo davanti a sè, ed è proprio il padre che ha l’importantissimo compito di richiamare in continuazione la madre a ciò. Solo in questo modo, infatti, sarà possibile mantenere il legame d’amore tra i due genitori che sono l’unico e vero fondamento della famiglia, ed entrambi avranno la possibilità di godere pienamente della relazione con il proprio figlio.
ALLORA, PAPA’, IN BOCCA AL LUPO PER QUESTO COMPITO IMPORTANTISSIMO!
A cura della Dott.ssa Ilaria Caravati
Bibliografia di riferimento:
V. M. Sanese, Perchè ti amo, Marietti, Genova, 2006.