Qualche giorno fa sulle nostre pagine Social abbiamo pubblicato un video che mostrava come, nel corso degli anni, sia cambiato il concetto di bellezza: se fino a qualche tempo fa il bello coincideva, tra le altre cose, con forme prosperose, oggi, al contrario, prevale il bello legato alla tonicità del corpo.

In questo articolo però, non vi parlerò della bellezza intesa in senso estetico perchè appunto si tratta di un valore in continuo mutamento, ma della ricerca del bello fuori da noi, attraverso il fare esperienza del mondo e delle altre persone: in poche parole, della bellezza intesa come essere capaci di relazionarsi in modo autentico e sincero con gli altri che per noi sono risorse per una conoscenza più approfondita della nostra persona e del mondo circostante, quindi, una grande ricchezza. Gli altri, infatti, in quanto altro-da-me e quindi diversi da me, hanno la capacità di farmi comprendere le caratteristiche della mia persona, le mie qualità e le mie debolezze, oltre a ciò, relazionarmi con gli altri mi dà la possibilità di aprirmi verso nuovi orizzonti e di acquisire nuove conoscenze.

La bellezza, dice Heidegger, è strettamente legata all’esperienza. Un’esperienza diviene bella quando è autentica, quando ci permette di apprendere e di arricchirci attraverso la sperimentazione autonoma: per un bambino, ad esempio, un’esperienza è autentica quando i suoi genitori gli permettono di provare a mangiare in autonomia facendo esperienza delle consistenze e dei sapori dei cibi che gli vengono proposti, oppure, per una persona disabile, quando gli si permette, se possibile, di vestirsi o parlare senza avere fretta di sostituirci a lui.

La bellezza nelle esperienze e nelle relazioni sta nel rispetto dell’altro, dei suoi tempi e dei suoi bisogni, nell’aiutare l’altro a scoprirsi in quanto potenza, in quanto individuo capace di raggiungere i propri obiettivi superando i propri limiti.

Per Gregory Bateson, un importante sociologo, la bellezza non proviene da unità trascendenti ma dall’incontro tra un organismo e il suo mondo. E’ bello non un certo oggetto ma la relazione che abbiamo con esso. La relazione tra due o più persone, però è un’impresa a rischio. Tale relazione rasenta inizialmente un campo di possibilità piuttosto ampio, ma nel tempo seleziona un gioco tendenzialmente ripetitivo. Da ciò deriva la natura della relazione che è definita dalle persone che vi partecipano attraverso messaggi scambiati e accettati, concordati reciprocamente ma in modo implicito. I giochi relazionali tendono solitamente all’autoconferma, specie nei sistemi con una storia, è per questo motivo che quando nella relazione insorgono alcuni problemi, essi sono solitamente di difficile risoluzione perché radicati nella storia di quella relazione. Difficile risoluzione, tuttavia mai impossibile in quanto le persone coinvolte in tale relazione sono soggetti in continua crescita e cambiamento.

E’ importante, per evitare la ripetizione routinaria di comportamenti all’interno della relazione, l’acquisizione di uno sguardo che sia sempre alla ricerca del bello e del nuovo, ciò non significa che la relazione di per sé non possa mai funzionare, ma che alimentare la stessa con novità e con uno sguardo positivo possa giovare al superamento di problemi o fasi negative che possono insorgere nella storia di una relazione.

E’ facile adottare uno sguardo che ci permetta di cogliere la bellezza delle relazioni?

Sicuramente si tratta di un’operazione difficile e i cui risultati sono visibili a lungo termine: è necessario educarsi alla bellezza coltivando le relazioni e l’apertura a priori nei confronti dell’altra persona. Tale apertura non solo innesca reazioni a catena positive, ma a lungo andare, un vero e proprio cambiamento nel nostro modo di vedere e considerare la realtà che ci circonda.

Buona ricerca della bellezza!!!


A cura di:

Dott.ssa Ilaria Caravati

Bibliografia di riferimento:

  • L. Formenti, Re-inventare la famiglia, Feltrinelli, Milano, 2012
  • C. Palmieri, G. Prada, Non di sola relazione, Mimesis, Milano, 2008

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