“In questo mondo di eroi nessuno vuole essere Robin”, così il cantautore bolognese Cesare Cremonini introduce il tema dell’apparenza nella nostra “social society”. Basta aprire Instagram per accorgersi della sparizione delle emozioni negative: la vita di tutti appare come fantastica, entusiasmante e perfetta. Emozioni come la debolezza e la paura non sono ammesse in questo mondo di estrema positività.
Ma viviamo davvero in una società di ottimisti?
L’ottimismo, studiato approfonditamente da diversi autori di psicologia positiva e in particolare da Martìn Seligman, è la generale tendenza degli individui a prevedere i migliori risultati possibili ottenibili dalle proprie azioni. Secondo Meazzini esisterebbero vari tipi di ottimismo.
- Ingenuo: consiste in una visione irrealistica della realtà e porta ad un’accettazione passiva di qualsiasi evento;
- Passivo: anche detto “fatalista ingenuo” poiché crede che gli eventi di vita a cui è soggetto dipendano esclusivamente dalla fortuna o dal caso;
- Dogmatico: è il caso delle persone che scelgono intenzionalmente di non prestare attenzione agli stimoli negativi;
- Irrazionale: la convinzione che tutto andrà per il meglio implica che queste persone non valutino adeguatamente i rischi e non si difendano da possibili pericoli.
Guardare al lato positivo delle cose può avere conseguenze importanti sul nostro benessere: secondo le ricerche l’ottimismo rende l’organismo più resistente alle malattie e maggiormente in grado di recuperare dopo una degenza; aiuta a regolare le emozioni, affrontare lo stress e risolvere i problemi della vita quotidiana in modo funzionale.
Condizione indispensabile perché ciò avvenga è però un approccio ottimista profondamente radicato e non solo apparente o simulato come nel mondo dei social.
Le emozioni negative sono quindi diventate superflue e non hanno più alcuna funzione?
In realtà la psicologia afferma che per il raggiungimento di uno stato di benessere è necessaria una condizione di equilibrio tra emozioni negative e positive, con una prevalenza delle positive.
Le emozioni negative infatti sono fondamentali per l’adattamento. Sebbene sia raro oggi incappare in situazioni che mettano in pericolo la nostra vita (come lo scontro con un animale feroce) è impossibile negare la presenza di continui stressor nel nostro ambiente. Le emozioni negative ci aiutano a reagire ad essi, mettendoci in allarme nel momento in cui questi stimoli diventano eccessivi.
Fingere che le emozioni negative non esistano è un’illusione che porterà ad una felicità fittizia e non realmente costruita ed interiorizzata. Esse ci aiutano invece a comprendere la complessità della propria esperienza. Tristezza, paura, rabbia fanno parte della realtà e delle relazioni che viviamo . Essere consapevoli di un livello eccessivamente elevato può darci un importante feedback sulla qualità della nostra vita e fare da trampolino di lancio verso il cambiamento.
Affrontare gli eventi sfavorevoli di vita senza provare emozioni negative non solo è sintomo di una visione irrealistica della realtà, ma rischia anche di farci bypassare la fase dell’elaborazione. Vivere appieno l’evento e ciò che suscita in noi, aiuta a comprenderlo fino in fondo e spesso a sviluppare un atteggiamento resiliente, grazie ad un percorso di crescita ed evoluzione interiore.
Non tutto il male viene per nuocere!
A cura di:
Dott.ssa Martina Varalli
Riferimenti bibliografici:
- Feldman R.S., (2013). Psicologia generale.
- Laudadio A., Mancuso S., (2015). Manuale di Psicologia Positiva.